Giuseppe D'Angelo

Dottorando
Tutor: Lorenzo Malatino
  1. Sub-investigator studio clinico efc6204/tao “ randomized, double-blind, tripledummy trial to compare the efficacy of otamixaban with unfractionated heparin + eptifibatide, in patients with unstable angina/non st segment elevation myocardial infarction scheduled to undergo an early invasive strategy”.
  2. Sub-investigator studio clinic VT registry;
  3. Sub-investigator studio clinic Etna AF;
  4. Sub-investigator studio clinic Amulet;
  5. Sub-investigator studio clinic Watchman;
  6. Co-investigator registro clinico multicentrico FLX watchman;
  7. Principle Ivestigator CIDDY (indagine dei dati desunti dall’interrogazione dei device nei pazienti in dialisi)
  8. Reviewer of Pace and JC Heart & Vasculature's

Progetto di ricerca: “Indagine dai dati desunti dal controllo telemetrico dei devices impiantati in pazienti in dialisi “.

Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di mortalità e morbilità nei pazienti con insufficienza renale terminale. Tra i pazienti in dialisi il 40% dei decessi è dovuto a cause cardiovascolari e, delle morti ad eziologia cardiaca, il 60% è su base aritmica (1, 2). Le aritmie più frequenti tra i dializzati sono la fibrillazione atriale (FA), le aritmie ventricolari complesse e le bradiaritmie.
E’ probabile che la prevalenza dei fenomeni aritmici in questa popolazione sia sottostimata. Inoltre non è ancora ben stabilito quale tipologia di aritmia (se bradi o tachiaritmie) possa portare a morte improvvisa i pazienti in dialisi. Tuttavia, informazioni di questo tipo potrebbero essere derivate dall’interrogazione dei devices cardiaci. Una recente survey promossa dalla sezione lombarda della Società Italiana di Nefrologia (SIN) ha valutato la frequenza e la modalità di utilizzo dei comuni strumenti non invasivi per la diagnosi
di aritmia cardiaca nei centri dialisi della Lombardia e la percentuale di pazienti che avevano subito un impianto di device cardiaco. Lo studio ha dimostrato che la percentuale di pazienti portatori di device cardiaco era più elevata rispetto a quella riportata dalla letteratura e riguardante gli altri paesi. La prevalenza riportata di FA tra i dializzati è elevata ed è pari al 12% (3), anche se l’aritmia è
probabilmente sottodiagnosticata. Infatti da uno studio multicentrico eseguito in Lombardia, la prevalenza di FA è risultata essere del 27% (4). Come nella popolazione con funzione renale conservata, la presenza di FA si associa ad un aumento di mortalità totale e cardiovascolare (5). Inoltre la seduta emodialitica provoca un aumento delle aritmie sopraventricolari e può indurre
episodi di FA parossistica (6,7). Il dato non è privo di importanza clinica, infatti è stato recentemente dimostrato che le aritmie sopraventricolari intradialitiche, anche se non avvertite dal paziente e autolimitantesi, sono associate ad un incremento della mortalità e degli eventi cardiovascolari (8). Sarebbe quindi importante poter avere dati precisi riguardo la reale prevalenza di episodi
di FA intra ed extradialitici in questa popolazione. Nei pazienti dializzati l’incidenza di morte improvvisa è di gran lunga maggiore rispetto alla popolazione generale (circa 8.0% in confronto a 1-2 casi ogni 1000 persone l’anno negli USA) (1, 9). Questi dati sono
confermati anche da uno studio italiano multicentrico condotto su pazienti emodializzati che evidenziava che la morte improvvisa aveva una incidenza cumulativa a tre anni del 6,9%, rappresentando il 19,2% di tutte le cause di morte (10). Le rapide modificazioni intradialitiche della concentrazione degli elettroliti plasmatici, in particolare di calcio e potassio, rappresentano un importante meccanismo patogenetico che può favorire i fenomeni aritmici intra e post-dialitici (11-15). Diversi autori hanno descritto una correlazione tra il momento in cui si verifica la morte improvvisa e la seduta dialitica (10,16), resta tuttavia da definire quali siano i fenomeni aritmici alla base dell’eccesso di morte improvvisa nei pazienti dializzati (17,19).

Un recente studio della sezione lombarda della Società Italiana di Nefrologia (SIN) ha valutato la frequenza e la modalità di utilizzo dei comuni strumenti non invasivi per la diagnosi di aritmia cardiaca nei centri dialisi della Lombardia e la percentuale di pazienti che avevano subito un impianto di device cardiaco (20). Lo studio ha dimostrato che la percentuale di pazienti portatori di
device cardiaco era più elevata rispetto a quella riportata dalla letteratura. Circa il 5% dei nostri pazienti era portatore di pacemaker (PM) a fronte del 3.6% in Europa (21) e il 2.2% dei nostri pazienti aveva un defibrillatore (ICD o CRT-D) versus lo 0.2% dei registri USA (1). Nei pazienti portatori PM e ICD bicamerali è possibile ottenere informazioni sugli episodi aritmici clinici e subclinici dall’interrogazione dei devices. Lo studio ha lo scopo di stimare la tipologia e il tasso dei fenomeni aritmici in pazienti in trattamento
dialitico cronico, attraverso le informazioni ottenute dai devices impiantati. Il set di informazioni (dati relativi a episodi di tachiaritmia e fibrillazione atriale e a episodi di aritmie ventricolari complesse) verrà ottenuto dai controlli telemetrici di routine dei devices. Il tipo e la
quantità delle informazioni sarà variabile a seconda del modello e della tipologia del device. La durata del follow-up sarà di un anno. In questo periodo sono previste un controllo al reclutamento e altri due controlli a distanza di sei mesi tra loro, come da normale pratica clinica.

Parole chiave: Gestione e trattamento delle aritmie in età adulta e pediatrica; chiusura percutanea dell’auricola sinistra, terapia
anticoagulante orare ed antiaggregante; scompenso cardiaco, defibrillatori, pacemaker; terapia dello
scompenso cardiaco; insufficienza renale, WPW, fibrillazione atriale, dialisi, insufficienza renale, tachicardie ventricolari, sincope